LUSSO: Non è superfluo, è eccellenza

LUSSO: Non è superfluo, è eccellenza


 Il lusso frainteso

"Il lusso è una necessità che inizia dove la necessità finisce", scrisse Coco Chanel. Eppure, oggi questa parola porta con sé un peso di giudizio che non le appartiene. Lusso è diventato sinonimo di eccesso, di spreco, di superficialità. Ma è davvero così? O forse abbiamo dimenticato il significato più profondo di una parola che ha attraversato millenni di storia, plasmando culture e alimentando il genio creativo dell'umanità?

Questo è un viaggio alla riscoperta del lusso autentico, quello che non ha nulla a che fare con l'ostentazione vuota, ma che affonda le radici nella ricerca della bellezza, della qualità e dell'eccellenza. Un viaggio che ci porta dalle origini latine della parola fino al Rinascimento italiano, il momento storico che ha ridefinito per sempre cosa significa "lusso".

L'etimologia: cosa significa davvero LUSSO

La parola "lusso" deriva dal latino luxus, un termine che racchiudeva in sé un'ambiguità affascinante. Luxus indicava infatti sia l'abbondanza rigogliosa, la crescita esuberante della natura, sia l'eccesso, il traboccare oltre il limite. Non era necessariamente un termine negativo: descriveva semplicemente ciò che andava oltre l'ordinario, oltre il necessario minimo per sopravvivere.

Nel latino classico troviamo anche luxuria, che significava letteralmente "rigogliosità" prima di assumere connotazioni morali. Pensate ai campi dopo la pioggia, alla vegetazione che esplode in primavera: questo era luxus, l'abbondanza generosa della vita stessa.

È solo con il passaggio al volgare e poi alle lingue romanze moderne che la parola comincia a caricarsi di significati più complessi. L'italiano "lusso", il francese "luxe", lo spagnolo "lujo" mantengono questa duplicità: da un lato l'abbondanza desiderabile, dall'altro il rischio dell'eccesso. Ma è importante comprendere che nel suo significato originario, il lusso non era il superfluo: era il rigoglioso, il florido, ciò che testimonia la vitalità e la ricchezza della vita.

 Il lusso nel mondo antico

Greci e Romani avevano un rapporto complesso con il lusso. Da un lato lo ammiravano, lo coltivavano, lo esibivano. Dall'altro lo temevano come una minaccia alla virtù civica, all'austerità dei costumi che aveva reso grande Roma.

I filosofi dibattevano: cos'è necessario e cos'è superfluo? Seneca scriveva delle sue ville lussuose mentre predicava la temperanza stoica. Catone il Censore tuonava contro i lussi orientali che corrompevano la gioventù romana. Questo dibattito rivela una verità fondamentale: il lusso non è mai stato semplicemente una questione di oggetti, ma di valori, di identità, di visione del mondo.

Le famose leggi suntuarie – che limitavano l'uso di tessuti pregiati, gioielli, banchetti sontuosi – non nacquero per motivi economici ma politici. Il lusso faceva paura al potere perché permetteva ai nuovi ricchi di competere simbolicamente con l'aristocrazia tradizionale. Il controllo del lusso era controllo dell'ordine sociale.

 Il Rinascimento: quando il lusso diventa arte

Ed è qui che la storia cambia radicalmente. Il Rinascimento italiano non si limita a sdoganare il lusso: lo trasforma in qualcosa di completamente nuovo. Per la prima volta nella storia occidentale, il lusso diventa investimento culturale, mecenatismo, espressione di raffinatezza intellettuale oltre che di ricchezza materiale.

Perché il Rinascimento è stato così importante per ridefinire il concetto di lusso? Per tre ragioni fondamentali.

Primo: nasce l'idea che il bello e il ben fatto abbiano un valore intrinseco, non solo simbolico. Un tessuto prezioso non vale perché costa molto, ma perché richiede maestria, conoscenza, talento. Lorenzo de' Medici non commissionava opere d'arte per ostentazione, ma perché credeva sinceramente che la bellezza elevasse l'animo umano.

Secondo: il lusso si democratizza culturalmente. Non è più solo appannaggio dei principi e dei nobili. I mercanti fiorentini, i banchieri veneziani, gli armatori genovesi creano una nuova classe di committenti che investono in arte, architettura, moda, arredamento non per diritto di nascita ma per scelta culturale. Il lusso diventa questione di gusto, non solo di sangue blu.

Terzo, e forse più importante: il Rinascimento italiano inventa l'idea moderna di artigianato di eccellenza. A Firenze, Venezia, Milano nascono botteghe dove maestri orafi, tessitori, ebanisti, vetrai portano le loro arti a livelli mai visti prima. Il lusso non è più solo l'oro e le gemme, ma la maestria con cui vengono lavorati. Non è il materiale prezioso in sé, ma l'intelligenza delle mani che lo trasformano.

Pensate ai velluti di Genova, ai broccati veneziani, alle maioliche di Faenza, ai vetri di Murano. Questi non erano prodotti di lusso perché costosi: erano costosi perché richiedevano anni di apprendistato, segreti tramandati di generazione in generazione, una dedizione totale alla perfezione del dettaglio. Il lusso rinascimentale è la celebrazione dell'eccellenza umana.

Le corti italiane diventano veri e propri laboratori del lusso moderno. A Ferrara, Mantova, Urbino, il lusso si intreccia con la cultura: non esiste separazione tra il bello e l'utile, tra l'estetica e la funzione. Un libro non è solo per leggere, è un oggetto di design con miniature preziose e rilegature raffinate. Un abito non è solo per coprirsi, è un'opera d'arte da indossare.

Dal Rinascimento a oggi: l'eredità italiana

Questa rivoluzione rinascimentale del concetto di lusso non si è mai interrotta in Italia. C'è una continuità diretta tra le botteghe fiorentine del Quattrocento e gli atelier milanesi di oggi, tra i maestri vetrai di Murano e i designer contemporanei.

Il Made in Italy – che il mondo intero associa al lusso – non è un brand marketing: è l'eredità vivente di quella tradizione rinascimentale. Quando diciamo "lusso italiano" intendiamo qualcosa di molto specifico: la combinazione di alta qualità dei materiali, maestria artigianale, design che unisce estetica e funzionalità, attenzione maniacale al dettaglio.

C'è una differenza profonda tra il lusso italiano e quello di altre tradizioni. Il lusso italiano non è mai stato monumentale, ostentato, esagerato. È sempre stato discreto, raffinato, intriso di quella sprezzatura – la nonchalance elegante – che Baldassarre Castiglione descriveva nel suo "Cortegiano" già nel 1528. Il lusso italiano non urla: sussurra. Non impressiona con la quantità ma conquista con la qualità.

Questa è l'eredità che portiamo avanti ancora oggi, in ogni settore dove l'Italia eccelle: dalla moda all'automotive, dal design d'interni alla gioielleria, dall'enogastronomia all'arredamento.

Non produciamo lusso: produciamo eccellenza che diventa lusso proprio perché eccellente.

 Lusso non è superfluo

Ed eccoci al cuore della questione: perché il lusso non è superfluo? Perché questa distinzione è fondamentale?

Il superfluo è ciò di cui non abbiamo bisogno e che non aggiunge valore reale alla nostra vita. È l'accumulo fine a se stesso, la quantità senza qualità, l'apparenza senza sostanza. Il superfluo è il decimo paio di scarpe economiche che si rovineranno in sei mesi.

Il lusso, invece, è quella scarpa fatta a mano su misura che dura vent'anni, che si adatta al tuo piede, che porta con sé la storia del maestro calzolaio che l'ha creata. Il lusso è investimento, non spesa. È durabilità contro obsolescenza programmata. È bellezza che resiste al tempo.

In un'epoca ossessionata dal consumo veloce e dal prezzo basso, il lusso autentico è quasi un atto di resistenza. È la scelta di preferire un oggetto che costerà di più ma durerà una vita, rispetto a dieci oggetti economici che finiranno in discarica. Da questo punto di vista, il lusso è più sostenibile dell'economia del fast tutto.

Ma c'è una dimensione ancora più profonda: il lusso non è solo nell'oggetto, è nell'esperienza, nell'emozione, nel significato. Un tessuto di altissima qualità non è lusso solo perché costa di più: è lusso perché quando lo tocchi senti la differenza, quando lo indossi ti fa sentire diverso, quando lo guardi dopo anni mantiene la sua bellezza. Il lusso è questo dialogo tra l'oggetto e chi lo possiede, è questa capacità di dare piacere quotidiano.

Il vero lusso non si nota, si sente. È nella mano che scorre su una superficie perfettamente levigata. È nel comfort di una scarpa su misura. È nella sicurezza di sapere che ciò che possiedi è stato fatto bene, con cura, con rispetto per chi lo ha creato e per chi lo userà.

Riabilitare il lusso

È tempo di riabilitare la parola "lusso" e restituirle il suo significato più nobile. Non stiamo parlando di eccesso o ostentazione. Stiamo parlando di una scelta consapevole a favore della qualità, della bellezza, dell'eccellenza.

In un mondo che ci spinge verso il basso costo e l'usa-e-getta, scegliere il lusso autentico significa:
- Rispettare il lavoro artigianale e le competenze che rischiano di scomparire
- Investire in oggetti che durano anziché contribuire alla cultura dello spreco
- Circondarsi di bellezza che nutre l'anima ogni giorno
- Riconoscere il valore dell'eccellenza e premiarlo

Il lusso, nel suo significato più vero, non è un privilegio per pochi: è un valore accessibile a chiunque scelga la qualità sulla quantità, il durevole sull'effimero, il bello sul meramente funzionale. Non serve essere ricchi per apprezzare il lusso: serve essere consapevoli.

Quando scegliamo un prodotto di vera qualità – che sia un capo d'abbigliamento, un oggetto per la casa, un accessorio, un paio di scarpe – non stiamo facendo un acquisto superfluo. Stiamo facendo una scelta di vita. Stiamo dicendo che per noi conta la bellezza, conta il ben fatto, conta la storia che ogni oggetto porta con sé.

Il lusso autentico è tornare a quell'abbondanza rigogliosa del luxus latino: non l'accumulo sterile, ma la ricchezza di vita che nasce quando scegliamo ciò che è veramente bello, veramente fatto bene, veramente capace di darci gioia.

Riscopriamo il lusso per quello che è sempre stato nella grande tradizione italiana: non il superfluo, ma l'essenziale fatto in modo sublime.

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